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Gli Operai

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Wednesday, June 8, 2011

Dittico della masculinita: il primo Luigi, il primo Rinuccio: Giulio Crimi

Il tenore Giulio Crìmi, nato a Paternò, nella provincia etnea, il 10 maggio del 1885, studiò canto a Catania sotto la guida del maestro Matteo Adernò ricevendo quindi il suo battesimo d'arte il 30 nov. 1911 al "Bellini" di Catania in Cavalleria rusticana in una serata promossa dal Circolo Artistico catanese a favore della Croce Rossa Italiana prò feriti della guerra di Libia.

L'anno dopo, nel 1912, è al Sociale dì Treviso nella Wally di Catalani, passando subito dopo al "Filarmonico" veronese e al Massimo di Palermo dove venne particolarmente applaudito nella Fanciulla del West e nella Manon Lescaut.

Si comincia cosi a delineare quella che sarà la caratteristica più interessante della sua personalità artistica: la molteplicità espressiva, potremmo anche dire la polivalenza, di una capacità canora che va sempre più arricchendosi attraverso il costante studio musicale.

Appena un anno dopo il suo debutto egli venne infatti chiamato a Milano per l'Isabeau di Mascagni nell'edizione diretta da Panizza, per la Carmen e per L'amore dei tre Re di Montemezzi.

A proposito di quest'ultima opera ci pare sintomatico che dopo il ritiro dalle scene di Giulio Crimi sia del tutto scomparsa dai cartelloni lirici, così come significativo in senso positivo è il fatto che fu proprio quest'opera di Montemezzi a portare il nostro tenore nel 1914 al Covent Garden di Londra e poi a Parigi.

Due anni dopo, mentre l'Europa avvampava per le cannonate della prima guerra mondiale, la Scala lo volle sul suo palcoscenico per La battaglia di Legnano diretta da Marinuzzi con Rosa Raisa interprete femminile.

Si trattò, vale la pena ricordare, di un successo particolarmente significativo non solo per la sua significazione cronologica ma soprattutto per il fatto che Crimi era appena tornato dal Teatro Real di Madrid dove aveva trionfato in opere tanto diverse come la Cavalleria rusticana ed il Mefistofele, le prime due opere liriche di una triade che ben presto egli avrebbe completata con l'interpretazione della novità, in prima esecuzione assoluta, della Paolo e Francesco del compositore orvietano Luigi Mancinelli che precedette di poco la Francesco da Rimini di Riccardo Zandonai della quale Giulio Crimi fu il primo interprete acclamato ed apprezzato non solo per lo sfoggio di smalto vocale ma anche per l'istintiva eleganza scenica.

Assieme a Rosa Raisa egli venne quindi chiamato dal Teatro Colon di Buenos Aires per un'Aida alla quale seguirono Andrea Chenier e Pagliacci, mentre Chicago lo volle per Traviata nella quale fu in scena con la Galli Curci.

Proseguendo nel suo itinerario artistico troviamo quindi il nome di Crimi nel cartellone della stessa Chicago per Gli Ugonotti e per la Lucia di Lammermoor, cosi come nel 1918 egli arriva al Metropolitan di New York per una stagione nel corso della quale alternò la Tosca con l'Aida e la Boheme con la Carmen, opere alle quali fecero seguito, sulla scena dello stesso Metropolitan, il "Tabbaro" ed il "Gianni Schicchi" nella prima rappresentazione assoluta con la Muzio e Montesanto.

Nel suo già vasto repertorio entrò quindi il Trovatore e, siamo al 1920, la prima rappresentazione della Zazà di Leoncavallo.

L'anno successivo, restituendosi alla musica pucciniana, Giulio Crimi sarà quindi in scena per Madama Butterfly e, tornato in Argentina, per La forza del destino.

Due stagioni dopo arriveranno inoltre la «Loreley» ed, al Teatro Costanzì di Roma (non ancora Reale dell'Opera) «L'Africana» di Meyerbeer.

Troppo evidente per avere bisogno di specifiche sottolineature che l'apertura angolare del repertorio di Crimi fu eccezionalmente ampia.

Merita però, riteniamo, un richiamo alle sue interpretazioni così come venne rilevato dai resoconti giornalistici del suo tempo.

Oltre ad essere un cantante mai stanco di scavare ed approfondire lo studio musicale delle opere da lui portate sulla scena, Crimi curò sempre di dotare ogni personaggio interpretato di un'impronta singolare che non ricalcò mai il già percorso.

Il che egli fece ripudiando evidentemente convenzioni ed orpellame, sovrastrutture e comode staticità.

Ritenne insomma che l'importante era essere un interprete che si esprime con il canto più che un cantante puro e semplice esecutore d'opere. 11 suo verismo e la sua vena istintivamente naturalistica, nell'epoca in cui Mascagni e Leoncavallo si affacciavano al successo, fu comunque sempre rapportato ad una ricerca interiorizzata che gli consentì di dominare sulla scena anche con la passionalità ma non solamente sul filo dell'emotività epidermica.

Ecco perché egli usò spesso come mezzo di transfert espressivo la mimica ed il gesto sempre calibrato in funzione dell'azione particolare che il momento scenico richiedeva.

Ai suoi personaggi, insomma, Crimi non impose mai né il lacrimevole né il trionfalismo falso-eroico ad ogni costo.

L'esempio più tipico di questa sua interpretazione intelligente e sensibile i critici ritennero di doversi rintracciare, per esempio, nel Miserere del «Trovatore».

I catanesi applaudirono senza riserve e con entusiasmo Crimi all'anfiteatro Gangi in una stagione lirica all'aperto, ovviamente estiva, per dieci recite di Carmen (protagonista Giuseppina Zinetti) nel 1922.

La sua ultima presenza scenica è stata registrata alla fine del 1927 (tra l'altro un ritorno a Francesca da Rimini al «Carlo Felice» di Genova, con la quale conclude proprio l'anno il 31 dicembre a fianco del soprano Lina Scavizzi, del baritono Carmelo Maugeri, con quale aveva debuttato nel 1911, e con la direzione dell'autore Riccardo Zandonai).

Fu un brusco arresto di carriera proprio nel pieno della sua maturità artistica.

A provocarlo fu forse la stessa eccessiva generosità con la quale aveva prodigata la sua voce, la prodigalità che l'aveva portato ai più clamorosi successi.

La causa fisica fu però certamente un'emorragia, provocata da ipertensione, all'occhio sinistro.

Stabilitosi a Roma, Crimi iniziò così un'attività didattica nella quale riversò il meglio e quanto di più valido potè ricavare dalla sua notevole esperienza.

Trasferì ad altri insomma la sua capacità di comunicare le emozioni e di usare sapientemente ogni forza intellettiva per meglio calibrare e vivificare quelle vocali.

Fra i suoi allievi si ricordano peraltro cantanti che fecero carriera avendo precisi e riconoscibili caratteristiche fra i quali Gino del Signore e Tito Gobbi.

Scomparve il 28 ottobre del 1939 a soli cinquantaquattro anni lasciandosi alle spalle il ricordo di un prestigio e di un'eleganza scenica veramente eccezionali, così come indiscussi furono la sua serietà professionale e la sua passione...

Giuliano Consoli

Teatro Massimo Bellini di Catania il 3 marzo 1980 in occasione del conferimento del premio «Applauso d'oro» alla memoria di Giulio Crimi.

Nel corso della sua collaborazione col teatro Metropolitan, registrò la sua voce negli Stati Uniti su dischi Vocalion, realizzando tra il 1918 e il 1924 almeno 45 incisioni finora solo parzialmente ripubblicate in microsolco per le etichette RUBINI inglese e TIMA Club italiana.

Maurizio Tiberi:

"Gulio Crimi", in

"Dizionario Biografico degli Italiani", vol. XXX, Roma dic. 1984.

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