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Gli Operai

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Wednesday, June 8, 2011

On Crimi

Giulio Crimi nacque a Paternò il 10 Maggio del 1885.

A Catania, studiò canto col Maestro Matteo Adernò.

Nel 1912 esordì al teatro Sociale di Treviso con la Wally di Catalani. Continuò la sua attività di cantante lirico al Filarmonico di Verona e al Massimo di Palermo, ove eseguì la Fanciulla del West e la Manon Lescaut.

Intanto la gamma delle sue molteplici capacità canore e musicali, continuò ad arricchirsi di mimica espressiva e di passionalità tali che gli fecero guadagnare grandi applausi nei maggiori teatri lirici d'Italia e d'Europa. Fu a Milano sempre nel 1913 con Isabeau e la Carmen al Teatro dal Verme, a Madrid al Teatro Reale con la Cavalleria, continuò al Comunale di Bologna con l'Amore dei tre re e la Francesca da Rimini in prima esecuzione al Teatro Refio di Torino, ripetuta nel 1914 al Teatro Carlo Felice di Genova e poi ancora al Teatro Costanzi di Roma nel 1916. Partecipò anche alla prima rappresentazione di Fillandia di Fracassi al Teatro Regio di Torino, e al Tabarro e Gianni Schicchi di Puccini.

Come può facilmente vedersi il nostro Crimi adottò lo stesso repertorio musicale di De Muro cioè Isabeau. Cavalleria e Carmen. Dopo, con l'irrobustimento delle corde vocali che aumentarono di timbro e di tono, affrontò anche la Francesca da Rimini di Zandonai e l'Amore dei tre re di Montemezzi opere queste che gli fecero accrescere la notorietà in Italia. La sua tempra si fece via via più eccezionale mentre l'estensione vocalica aumentò fino a farle affrontare il repertorio romantico.

Nel 1916 esordì con l'Aida e La Battaglia di Legnano alla Scala di Milano.

Tra il 1916 e il 1924 fece spola tra il Metropolitan di New York e l'auditorium di Chicago, con un repertorio che andava dagli Ugonotti e Lucia di Lamermoor al Don Carlos e Traviata.

Nel 1920 partecipò alla prima esecuzione di New York di Zazà di Leoncavallo. Del repertorio romantico predilesse in modo particolare l'Africana ed il Trovatore ove toccò accenti altamente sentiti nel «Miserere».

Crimi appartenne alla corrente dei tenori veristi ed anche egli si rifece a Caruso sia per tendenza personale sia perché verso di lui si sentì particolarmente portato per le stesse affinità di smalto e di colori.

Fatto questo che lo danneggiò parecchio, così come lo rovinò prematuramente lo sciupio eccessivo con cui prodigò la sua voce. Infatti già nel 1928 si ritirò a Roma ove visse fino alla fine dei suoi giorni dandosi all'insegnamento e quivi la morte lo colse il 28 ottobre 1939. Tra i suoi allievi degno di nota è il baritono Tito Gobbi.

Della riproduzione discografica della voce di Crimi resta poco, questo perché le sue registrazioni fatte dalla «Vocalion», casa discografica canadese, hanno avuto un pessimo risultato e non rendono giustizia alle grandi capacità canore del nostro con cittadino. Fu lo stesso Crimi ad offrire ad amici e simpatizzanti, come dischi ricordo, tali scadenti registrazioni le quali pertanto oggi arricchiscono il patrimonio di collezionisti privati.

Crimi, nel periodo in cui visse in America, 1918-1929, ha regi. strato per la «Vocalion» brani celebri delle seguenti opere: Marta, Tosca, Carmen, Trovatore, Boheme, di Leoncavallo, Boheme di Puccini, Gioconda, Aida, Elisir d'amore, Andrea Chénier, Forza del destino, Cavalleria rusticana, Manon Lescaut, Pagliacci, Zazà, Rigoletto, Favorita, Butterly e Africana. Crimi diviene quindi un emulo di De Muro, del quale però muterà il repertorio musicale.

Il personaggio dell'Isabeau creato dal De Muro rivelava piglio scenico ardito e nervoso, fraseggio rovente ed incisivo; mentre in Crimi assumeva una tendenza fortemente drammatica.

Crimi quindi assieme ad altri tenori contemporanei come Paoli, Zenatello Martinelli, costituiscono il nucleo dei tenori drammatici la cui mira principale fu di rivaleggiare il grande Caruso.

De Muro fa parte a sè per le sue esibizioni portentose d'atletismo vocalico e per i suoi accenti squillanti che tanto affascinarono le platee d'Italia e d'America, mentre Crimi e il suo gruppo di tenori drammatici usarono una dizione più scandita e un fraseggio più serrato. Però né De Muro né il gruppo dei tenori drammatici riuscì mai ad offuscare ne a rivaleggiare il grande Caruso dopo la sua prematura morte.

I dirigenti del Met s'erano posti il problema della successione per il Metropolitan di New York.

Molti furono quelli che aspirarono all'ambìta meta tra cui Martinelli, Chamlee, Pertile ed il nostro Crimi.

Ma il direttore Gatti-Casazza non ritenne alcuno degno di sostituire Caruso, sicché iniziò la nuova stagione lirica del 1921 con la Traviata, opera per soprano che doveva servire a lanciare la nuova stella, la Galli-Curci, la quale non ebbe fortuna perché indisposta, e gli onori andarono tutti a Beniamino Gigli a cui era stata affidata la parte di Alfredo.

E fu così che a furor di popolo Gigli fu riconosciuto il legittimo erede di Caruso al Metropolitan di New York.

Su Crimi resta da fare un'ulteriore precisazione sull'opera lirica che raggiunge la maggiore potenza drammatica, nell'epoca del tardo romanticismo con la trasformazione del primitivo stile architettonico barocco, in cui l'ordine delle arie doveva avere regole precise nel senso che al protagonista si dovevano assegnare un determinato numero di arie di stile diverso, mentre al cantante secondario, dovevano esserne affidate non più di due. Inoltre i vari protagonisti si esibivano in assolo accampandosi in tutta la scena senza che si producessero mai in duetto.

Ma quando col Romanticismo si ricorse a testi desunti dalla vita reale, si finì coll'unificare tutto il dramma con azioni talora complicate di libretti che richiedevano l'unione di più voci per realizzare meglio l'azione scenica. Si crearono degli assiemi vocalici che ebbero grande effetto, i finali di ogni scena divennero più drammatici onde raggiungere l'acme della drammaticità nell'esperienza operistico-teatrale.

Assiemi vocalici, in particolari i duetti, dipesero, riguardo al loro esito positivo dalla necessità di reprimere la propria manìa di grandezza per creare uniti quella sintesi musicale e drammatica delle varie scene componenti il dram­ma operistico.

Tra i cantanti che sperimentarono questo nuovo repertorio fatto di opere drammatiche reali dell'epoca d'oro, primeggiarono accanto a Titta Ruffo e Amedeo Bassi, che si esibirono in brani della Bohéme di Puccini, Rosa Ponselle e Charles Harchett in brani dell'Aida di Verdi e tante altre coppie famose tra cui il nostro tenore Giulio Crimi, con Rosa Raisa nel famoso duetto «La fatal pietra» dell'Aida di Verdi.

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